Addio Valascia

Che cosa significa la Valascia per me?

È una parte integrale della mia identità. Non esagero se dico che il primo incontro con lei ha influenzato il corso della mia vita. Infatti, il mio primo ricordo è dell’ormai lontano autunno 2004, quando durante le mie prime vacanze in Ticino abbiamo attraversato la Leventina. Dall’autostrada ho visto la facciata della Valascia dipinta in biancoblù con il simbolo dell’HCAP e la scritta FORZA AMBRÌ. Da quando ho poi definitivamente scoperto ed affermato la mia passione per l’Ambrì nell’inverno successivo, ho sempre fatto riferimento a questo momento come esperienza fondativa per la mia identità di tifosa.

Per molto tempo la Valascia per me è stata però solo un luogo di sogni e di desideri, di incontri rari e perciò più preziosi. In breve, la Valascia era un luogo di peregrinaggio una volta l’anno mentre le esperienze quotidiane da tifosa biancoblù le ho fatte a casa mia, nell’Ilfishalle di Langnau.

Mi ricordo ancora bene come nel 2007, nelle prime vacanze in Leventina, ho infine potuto ammirare la Valascia da vicino. Oltre alla facciata biancoblù che ha un posto particolare nel mio cuore mi ricordo ancora come ero fascinata dagli stemmi dei comuni leventinesi appesi all’interno dello stadio, stemmi che avevo studiato per il progetto di scuola che avevo fatto sulla Leventina nello stesso anno. La passione per la Leventina è un altro frutto di questo amore per l’Ambrì che posso vivere soltanto perché quel giorno nel 2004 la Valascia ha esercitato un fascino incancellabile.

Negli anni successivi non è passato nessun anno in cui non mi sono fermata davanti alla Valascia. Nel 2009 infine l’ho vissuta infine anche dall’interno, durante la mia prima presentazione della squadra. Poi negli anni 2010-2012 ho potuto vivere finalmente l’atmosfera in Curva Sud durante quattro partite. Cantare la Montanara in Curva Sud è stato molto emozionante, un sogno diventato realtà.

Nel corso degli anni tante cose sono cambiate. In molti sensi la mia vita si è trasformata. Anche se non sono più stata ad una partita di hockey dal 2015 in poi, non posso essere indifferente alla sorte di quella squadra leventinese per cui ho perso il cuore nel ormai lontano gennaio 2006 quando ho infine preso coscienza di quello che era già un amore a prima vista nel 2004. E la Leventina rappresenta tuttora un santuario, un posto quasi spirituale dove provo un forte senso di appartenenza.

Sono stata stravolta dalla notizia che la mia Valascia sarà demolita. Prima non ci volevo credere. Semplicemente non era possibile. Il mio cervello semplicemente ha rifiutato l’idea che il luogo dove tanti di noi hanno fatto esperienze fondamentali possa essere demolito, distrutto, cancellato, come se niente fosse. Ero sempre convinta che la Valascia possa essere conservata in una maniera o l’altra. E invece no. E l’idea del vuoto che questa demolizione tralascerà mi riempisce di un forte disagio. Si tratta di un vuoto sia fisico che mentale. Si tratta di molto di più di una semplice sparizione di un edificio dalla mappa di un villaggio. Si tratta di una sparizione di un luogo di memoria per me così come per tanti altri e nel caso mio anche di un costituente della mia identità in un certo senso. Certo, c’è il nuovo stadio, che per tanti di noi significa nuove memorie, ma non necessariamente per me, dato che non vivo più per l’hockey come lo facevo dieci anni fa.

Proprio per questo era fondamentale per me vedere la Valascia un’ultima volta e salutarla dignitosamente. Temevo già di non riuscirci più. E invece ce l’ho fatta verso la metà di maggio di quest’anno. È stato un percorso molto emozionante, un ritorno alle mie radici. Ma è stato anche doloroso dire addio, partire e sapere di non rivederla più.

Comunque, l’importante restano i momenti gioiosi e belli che ho vissuto lì e che non dimenticherò mai. Nella mia memoria la Valascia resterà per sempre il simbolo di quella squadra di due piccoli villaggi di montagna che riesce a competere con i grandi dell’hockey svizzero e il simbolo dell’origine di una passione che ha riempito una parte significativa della mia infanzia e adolescenza e di cui il fuoco non si è mai completamente spento.

11.-15.6.22

Ein Buch für Weihnachten – A book for Christmas – Un libro per Natale

un libro per natale

Dieses Buch ist sehr empfehlenswert. Es ist ein sehr persönlicher, empathischer Blick auf die Flüchtlingskrise. Am liebsten würde ich es all denen unter den Weihnachtsbaum legen, die gegen Flüchtlinge hetzen oder Abschiebungen in Länder wie Afghanistan befürworten.

I’d really like to recommend you this book. It is a very personal, empathic view on what we call the refugee crisis. If I could, I would put this beneath the Cristmas tree of all those who spread hatred towards refugees or are in favor of deportations to countries such as Afghanistan.

Oggi vorrei raccomandarvi questo libro. È un punto di vista molto personale ed empatico su ciò che chiamiamo la crisi dei rifugiati. Se potessi, mi piacerebbe metterlo sotto l’albero di Natale di ciascuno che incita odio contro i rifugiati o è in favore a deportazioni in paesi come è Afghanistan.

 

Titolo originale: Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari

English title: In The Sea There Are Crocodiles

Dezember 2018

Giungendo all’essenza linguistica della parità di genere attraverso citazioni

«Al linguaggio viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella costruzione sociale della realtà e, quindi, anche dell’identità di genere maschile e femminile: è perciò necessario che sia usato in modo non “sessista” e non privilegi più, come fa da secoli, il genere maschile né tantomeno continui a tramandare tutta una serie di pregiudizi negativi nei confronti delle donne, ma diventi rispettoso di entrambi i generi. »

Cecilia Robustelli

„Per «parità» non si intende «adeguamento» alla norma «uomo», bensì reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli esseri umani nella loro diversità. Molte persone sono convinte di ciò, eppure si continua a dire che «la donna deve essere pari all’uomo» e mai che «l’uomo deve essere pari alla donna» e nemmeno che «la donna e l’uomo (o l’uomo e la donna) devono essere pari»: strano concetto di parità questo in cui il parametro è sempre l’uomo.”

Alma Sabatini

Una storia di un amore particolare

A volte nella vita succedono delle cose che non si lasciano spiegare facilmente. A volte persone, luoghi, oggetti lasciano un segno profondo quando li incontriamo. Provocano emozioni forti in parte mai vissute prima. Ci fanno vedere la vita da un’altra prospettiva. Questo sentimento si chiama amore.

Ecco che cosa mi è successo quando ho visto per la prima volta immagini di Siena e del suo Palio. Era nel ormai lontano 2010 ed io avevo appena quindici anni. Perché sono rimasta così affascinata non lo posso dire con certezza così come è spesso il caso quando qualcuno s’innamora. Posso solo cercare di capire.

Quando ho visto per la prima volta immagini e suoni di Siena sono rimasta toccata da questa città unica in tutto il mondo, dai suoi canti e dai colori dei suoi fazzoletti.

I primi mesi dopo questa scoperta sono stati intensissimi. Ancora spinta da un’energia ingenua di una bambina senza pregiudizi mi sono messa a scoprire questo universo sconosciuto di nome Siena. Mi sono anche innamorata di una contrada, la Selva. Anche qui, non chiedetemi perché. Quando il mio cuore fa una scelta a volte è impossibile ricostruire da dove questa derivi. Un solo mese dopo poi si è corso il Palio di Provenzano. Anche questa un’avventura piena di passione e piena di nuove scoperte. Ed è finito del migliore dei modi: veder vincere la contrada del cuore proprio il primo Palio che si segue, è il massimo delle emozioni.

Adesso con il tempo la mia passione è maturata, nella mia vita si sono aggiunti nuovi interessi e nuove passioni. Con il tempo ho capito che conoscere e comprendere Siena non è una cosa così facile come lo immaginavo cinque anni fa. Ho capito che per poter dire “Sono della Selva” con onestà ci vuole di più che un amore incondizionato e conoscenze accumulate su internet. Ho capito che magari il sogno di diventare selvaiola è proprio quello: un sogno. Per diventare contradaiolo secondo me si deve vivere a Siena, o ad una distanza ragionevole da essa, o avere i mezzi per andarci regolarmente. Solo così si possono sviluppare le radici necessarie, solo così si può diventare davvero parte di una società. Ogni altra cosa fa parte del mondo delle favole e della fantasia. Ho capito che da non senese o nel senso più allargato da non cattolica ci sono delle cose che magari non riuscirò mai a capire – semplicemente perché sono cresciuta in un altro mondo.

Però nonostante tutto questo, Siena e la Selva fanno sempre parte della mia vita. Magari non occupano uno spazio così grande come nel 2010, ma questo non è neanche necessario. Quando ho visto vincere la Selva per la seconda volta un mese fa è stato un’emozione travolgente.

Tornerei volentieri a Siena per fare una passeggiata nelle sue vie e vicoli per ammirare la sua bellezza medievale. Rimango impressionata dalle sue contrade che esistono da secoli e che come famiglia allargata sono luogo di solidarietà e appoggio – una cosa che spesso manca nel mondo moderno. Adoro ascoltare i suoni e le melodie di Siena, adoro cantare queste canzoni io stessa. Anno per anno seguo dalla lontana Svizzera quel che è il culmine di tutta la vita contradaiola: il Palio.

Siena, le contrade e il Palio continuano ad ispirarmi perché trovo qui un senso della vita andato perso o ancora non scoperto altrove. Anche dopo cinque anni non ho ancora smesso di imparare, voglio sempre restare vicina a questo mondo per conoscerlo meglio. Ci sono ancora così tante cose da scoprire…

Autunno 2015, in occasione della trentottesima vittoria della Contrada della Selva alla quale dedico questo articolo.

selva2

The spirit of the valley / Der Geist des Tals / Lo spirito della valle (SCL Tigers in NLA)

SCL Tigers in A

I am so proud that our village has a hockey team that plays in the best league of Switzerland.

That is what I said when I was a little girl. Already then I understood that it can’t be taken for granted that a village club to compete among the best teams. I always compared it to the soccer team which has been far away from the best leagues. I have grown up with a father who has always been passionate about hockey in a village in which this sport has always played a particular role since the foundation of the Schlittschuh-Club Langnau in 1946 which today is known as the SCL Tigers.

It is indeed something unusual that a village club like ours can play among the best teams of the entire country, which usually come from the cities such as Bern, Zurich or Geneva. There is only one other exception: Ambrì. In any case Langnau has something not every club from the city can offer. The Tigers have thousands of fans here in the region who keep being loyal to the club also in the most difficult situations. Indeed it means a lot to many people here, one can say it is the most important thing here in the entire valley where there is no big industry. It is something that holds the people together. Somehow almost every person here in Langnau feels connected to this club – of course not everyone in the same extent. Not everyone goes to the stadium to see every single game of the Tigers, but still some particular feeling is there. Even I have it, despite I have lost my heart to Ambrì more than nine years ago, the only club with a reality which is so similar to the one here in Langnau, which too has that spirit of the valley, just with some different essence which somehow made the difference for me. Nevertheless I have a different relation to the Tigers than to any other team in Switzerland. I remember well the day when I realized that the SCL would be relegated. That was the first time and the last time so far that I have cried for a team which is not mine.

That was two years ago. Since then I saw a team which is working hard to come back, I saw the only team in the whole National League B with such numbers of spectators. Also this time the fans stayed loyal to their club also in these times which were not so simple, which is not a matter of course. The Tigers dominated the NLB for the whole season and demonstrated that it is the NLA where they belong for real.

They also played surprisingly well against Rapperswil, the weakest team of NLA this year which approached step by step what I don’t desire for any team: relegation. The entire village was reunited in some sense of hope and belief. Soon a slogan appeared at different points of the village: from the bridge over the Ilfis to the showcase of the flower shop: Wär nid dra gloubt, isch ke Tiger (Who doesn’t believe in it is no tiger). It is a derivation of the original Wär nid gumpet, isch ke Tiger (Who doesn’t jump is no tiger), which one can often hear at the games in Langnau. And also conversations here in the village often lead to one topic: hockey. The decisive game then was held in Langnau. On this Thursday you could feel the tension everywhere while walking through the village. It was as if you could touch it. Fans walking towards the stadium in swarms, someone even told me that the cars were standing on some of the main roads until the entry to the village. That’s how it must have been like in the already far away glorious times when Langnau was one of the best teams in Switzerland, about which one can read in the chronicles of Swiss hockey. How much I would give to make a time travel to see this atmosphere, the origins of what our hockey is today.

In the end of the day the miracle became reality, after only two years of National League B the SCL Tigers will compete again among the best twelve teams of Switzerland. The pain, which their supporters felt back then, can be left behind and a new adventure can begin. I am looking forward to thrilling games in the Ilfishalle, although that also means new disputes with my father. Welcome back, SCL.

Ich bin so stolz, dass unser Dorf eine Eishockeymannschaft hat, die in der besten Liga der Schweiz spielt.

Das habe ich als kleines Mädchen gesagt. Schon damals war mir bewusst, dass dies keine Selbstverständlichkeit ist, dass ein Dorfklub unter den besten Teams des Landes mitspielen kann. Damals habe ich es immer mit unserer Fussballmannschaft verglichen, das von besten Ligen immer weit entfernt gewesen ist. Ich bin mit einem Vater aufgewachsen, der immer eine Leidenschaft für Hockey gehabt hat – in einem Dorf, in dem dieser Sport seit der Gründung des Schlittschuh-Clubs Langnau, der heute als SCL Tigers bekannt ist, immer eine besondere Rolle gespielt hat.

Es ist in der Tat etwas Ungewöhnliches, dass ein Dorfklub wie unserer unter den besten Teams der ganzen Schweiz zu finden ist, welche grösstenteils aus Städten wie Bern, Zürich oder Genf kommen. Der ist nur eine weitere Ausnahme: Ambrì. Auf jeden Fall hat Langnau etwas, was nicht jeder Klub aus der Stadt bieten kann. Die Tigers haben tausende Fans hier in der Region, die dem Klub die Treue halten – auch in den schwierigsten Situationen. Tatsächlich bedeutet der SCL vielen Menschen hier viel, man kann sagen, es sei die wichtigste Sache hier im ganzen Tal, in welchem es keine grosse Industrie gibt. Es ist etwas, das die Leute zusammenhält. Irgendwie fühlt sich beinahe jede Person hier in Langnau mit diesem Club verbunden – natürlich nicht jeder im gleichen Ausmass. Nicht jeder geht ins Stadion, um jedes einzelne Spiel der Tigers zu sehen, aber trotzdem ist ein besonderes Gefühl da. Sogar ich habe es, selbst wenn ich vor bereits mehr als neun Jahren mein Herz an Ambrì verloren habe, den einzigen Klub mit einer ähnlichen Realität wie diejenige hier in Langnau, der auch diesen Geist des Tals in sich trägt, einfach mit einer gewissen Essenz, die für mich den Unterschied gemacht hat. Nichtsdestoweniger habe ich eine andere Beziehung zu den Tigers als zu jeder anderen Mannschaft in der Schweiz. Ich erinnere mich noch gut an jenen Tag, als ich begriffen hatte, dass der SCL absteigen würde. Das war das erste und bisher letzte Mal, dass ich wegen einer Mannschaft geweint habe, die nicht meine eigene gewesen ist.

Das war vor zwei Jahren. Seit damals habe ich ein Team gesehen, dass hart daran gearbeitet hat, um zurückzukehren. Ich sah die einzige Mannschaft in der ganzen National League B mit solchen Zuschauerzahlen. Auch diesmal blieben die Fans ihrem Klub treu, auch in diesen Zeiten, die nicht so einfach waren, was keine Selbstverständlichkeit ist. Die Tigers dominierten die NLB während der ganzen Saison und machten deutlich, dass die NLA dort ist, wohin sie wirklich gehören.

Sie spielten auch überraschend gut gegen Rapperswil, das schwächste Team der NLA dieses Jahres, welches sich Schritt für Schritt dem näherte, was ich keinem Klub wünsche: dem Abstieg. Das ganze Dorf war vereint in einem gewissen Gefühl von Hoffnung und Glauben. Bald tauchte ein Slogan überall im Dorf auf, von der Brücke über die Ilfis bis zum Schaufenster des Blumenladens: Wär nid dra gloubt, isch ke Tiger (Wer nicht daran glaubt ist kein Tiger). Es ist eine Ableitung von Wär nid gumpet, isch ke Tiger (Wer nicht hüpft, ist kein Tiger), das man an den Spielen hier in Langnau oft hören kann. Und auch die Gespräche hier im Dorf führten oft zu einem Thema: Hockey. Das entscheidende Spiel fand dann in Langnau statt. An diesem Donnerstag konnte man die Spannung überall fühlen. Es war, als könnte man sie anfassen. Die Fans liefen in Scharen Richtung Stadion, jemand erzählte mir sogar, dass Autos auf den Hauptstrassen bis um Ortseingang stünden. So muss es gewesen sein in den glorreichen Zeiten, als Langnau zu den besten Mannschaften der Schweiz gehörte, worüber man in den Chroniken des Schweizer Hockeys lesen kann. Wie viel würde ich geben, um eine Zeitreise machen zu können, damit ich diese Atmosphäre fühlen, die Ursprünge dessen, was unser Hockey heute ist, sehen könnte.

Am Ende des Tages wurde das Wunder Realität, nach nur zwei Jahren Nationalliga B werden die SCL Tigers wieder zu den zwölf besten Teams der Schweiz gehören. Der Schmerz, den ihre Anhänger damals gefühlt haben, können sie nun hinter sich lassen und ein neues Abenteuer wird beginnen. Ich freue mich schon auf spannende Spiele in der Ilfishalle, auch wenn das auch neue Streitigkeiten mit meinem Vater mit sich bringt. Willkommen zurück, SCL.

Sono così orgogliosa che il nostro villaggio abbia una squadra di hockey che gioca nella lega migliore della Svizzera.

Questo è ciò che ho detto quando ero una bambina. Già quella volta mi ero resa conto che non si tratta di una cosa ovvia che una società di villaggio possa giocare contro le squadre migliori della Svizzera in Lega Nazionale A. Quella volta l’ho sempre paragonato con la nostra squadra di calcio che è sempre stata lontana dalle leghe migliori. Sono cresciuta con un padre che ha sempre avuto una passione per l’hockey, in un villaggio nel quale questo sport, ha sempre rivestito un ruolo particolare da quando nel 1946 è stato fondato lo Schlittschuh-Club Langnau che oggi conosciamo come SCL Tigers.

È davvero qualcosa d’insolito che una squadra di un villaggio come Langnau militi tra le squadre migliori del paese come Berna, Zurigo o Ginevra, ovvero le squadre delle città. Qui c’è solo un’altra eccezione: l’Ambrì. In ogni caso il Langnau ha qualcosa che non ogni società di città può offrire. Hanno migliaia di tifosi qui nella regione che restano fedeli al club anche nelle situazioni più difficili. In effetti significa tanto a tante persone qui, si può dire che è la cosa più importante in tutta la valle dove non c’è un’industria grande. C’è qualcosa che tiene unita la gente. In qualche modo quasi ogni persona qui a Langnau si sente legato a questa società – naturalmente non ognuno nella stessa dimensione. Non ognuno va allo stadio a vedere ogni singola partita dei Tigers, ma lo stesso c’è questo sentimento particolare. Pure io ce l’ho, anche se l’Ambrì mi ha rubato il cuore più di nove anni fa, l’unica squadra con una realtà simile a quella qui a Langnau, che ha anche questo spirito della valle, semplicemente con un’essenza diversa che in qualche modo ha fatto la differenza per me. Ciò nonostante ho una relazione diversa con i Tigers rispetto ad ogni altra squadra in Svizzera. Ricordo bene quel giorno quando mi sono resa conto che stava per essere relegato. È stata la prima e finora anche l’ultima volta che ho pianto per una squadra che non è la mia.

Questo è stato due anni fa. Da questo punto ho visto una squadra che lavorava duramente per ritornare, ho visto l’unica squadra in National League B con numeri di spettatori così alti. Anche questa volta i tifosi sono rimasti fedeli alla loro società, anche in quei tempi che così facili non erano, questo non è un’ovvietà. I Tigers hanno dominato la NLB per tutta la stagione e hanno dimostrato che è la NLA dove appartengono davvero.

Hanno giocato sorprendentemente bene anche contro il Rapperswil, la squadra più debole della NLA di quest’anno, che si avvicinava passo per passo a ciò che non desidero per nessuna squadra: la relegazione. Tutto il villaggio era unito in un certo senso di speranza e fede. Presto appariva un slogan in tutto il villaggio, dal ponte sull’Ilfis alla vetrina del negozio di fiori: Wär nid dra gloubt, isch ke Tiger (Chi non ci crede non è una tigre). È una deviazione del Wär nid gumpet, isch ke Tiger (Chi non salta non è una tigre) che si può sentire spesso alle partite a Langnau. E anche le conversazioni qui nel villaggio conducevano spesso ad un tema: hockey. La partita decisiva poi aveva luogo a Langnau. Quel giovedì si poteva sentire la tensione ovunque passeggiando per il villaggio. Era come se si potesse toccarla. I tifosi andavano a sciami allo stadio, qualcuno quella sera mi ha detto pure che le macchine erano ferme sulle strade principali fino all’entrata al villaggio. È così che dev’essere stato nei tempi gloriosi ormai lontani quando il Langnau era una delle squadre migliori del paese, quando hanno pure vinto il campionato, i tempi sui quali si può leggere nelle croniche dell’hockey svizzero. Quanto darei per poter fare un viaggio nel tempo per sentire quest’atmosfera, per vedere le origini di ciò che è il nostro hockey oggi.

Alla fine del giorno il miracolo è diventato realtà, dopo solo due anni di National League B, i SCL Tigers apparterranno di nuovo alle dodici squadre migliori della Svizzera. Il dolore che i loro sostenitori hanno sentito quella volta ora lo possono lasciare dietro se e una nuova avventura può cominciare. Io non vedo l’ora di nuove partite avvincenti nell’Ilfishalle. Bentornato, SCL.

In nome dell’amore

Stamattina ho ascoltato In nome dell’amore di Paolo Meneguzzi, una canzone che conosco da anni, che in parte so cantare a memoria. Ma proprio stamattina l’ho interpretata in un modo completamente diverso.

Come stai
come sto
maledettamente bene
penso a te penso a noi e non vivo più
forse sei abile
a nascondere il dolore
forse no non lo so
ma ti aspetterò
guardami sono qui
tra l’inferno e il paradiso
non so più che anno è
cerco solo te
tutto sa di follia
ma è solo malinconia
vedo la realtà e vorrei che fosse una bugia
in nome dell’amore l’alba brucerà le porte della tua prigione
in nome dell’amore fai la cosa giusta, sì la cosa giusta anche se fa male
un giorno un’ora vorrei vederti ancora
un raggio di sole, in nome dell’amore

All’improvviso mi pareva di sentire i pensieri di Ensaf rivolti a suo marito. Lo so, ormai penso a Raif Badawi facendo qualsiasi cosa. Non è la prima volta che mi succede ascoltando una canzone. In ogni caso adoro la canzone ancora di più rispetto a prima, perché questa parte che ho citato qui rispecchia benissimo la situazione di Ensaf e Raif.